giovedì 20 giugno 2013

com. stampa in merito agli agli arresti e perquisizioni in seguito alle cariche della polizia in Università

arrestano chi costruisce spazi di cultura, libertà e socialità nelle università
In questi giorni l'attenzione è rivolta a quello che sta avvenendo in Turchia, ma in Italia la repressione del dissenso arriva con i manganelli nelle università e dopo due mesi con gli arresti, per aver impugnato un ombrello; dopo il comunicato il messaggio di alcuni avvocati

A distanza di quasi due mesi, questa mattina, sette arresti per lo sgombero dell’ex cuem all’università statale di Milano.
Per fortuna ci sono numerosi filmati, da tempo disponibili in rete, che documentano tutto: l’ingresso in università della polizia in assetto antisommossa, la carica violenta. Ognuno giudichi da sé cosa vada condannato nei fatti di quel giorno.
Quel che già è evidente, è la sproporzione tra i fatti e le misure applicate. Come quello studente arrestato solo per avere minacciosamente puntato un ombrello contro gli agenti (in assetto antisommossa con scudi, manganelli e caschi) .
I difensori di alcuni degli studenti arrestati.
avv. Mauro Straini e Eugenio Losco


comunicato stampa in merito agli agli arresti e perquisizioni
 in seguito alle cariche della polizia in Università
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SE LA RESISTENZA E' UN REATO, SIAMO TUTTI RECIDIVI!

Questa mattina (19 giugno 2013) 7 fra compagni e compagne sono stati messi agli arresti domiciliari e altri 3 sono stati perquisiti e accompagnati in Questura a Milano. In più dalla stampa e dai fogliacci della questura si apprende che altre 30 persone sarebbero in corso di identificazione per concorso materiale e morale.Un'operazione,quindi, che riguarderebbe più di una quarantina di compagni con un dispiegamento di forze non indifferente. 

A fronte di tale ferocia reati e imputazioni “normali”: resistenza aggravata a pubblico ufficiale e oltraggio. Normali perché oramai sempre più manifestazioni giungono a momenti di tensione con i cani da guardia del potere, perché sempre più frequentemente si decide di resistere alla violenza di Stato, perché sempre più persone potrebbero condividere queste azioni di resistenza e sentire la necessità di ribellarsi.

Diventa così impellente, da parte di chi vuole difendere lo status quo,colpire subitamente chi si organizza per resistere, chi si mette in gioco in prima persona per un cambiamento radicale dell'esistente. 

Uno spazio libero e autogestito in una università sempre più legata al profitto, sempre più collusa e funzionale alle imprese è una spina nel fianco per l'anno accademico e al suo normale e triste svolgimento.

Una valle che si ostina a non subire le decisioni e il voler di Stato in nome del dio denaro viene militarizzata e colpita perché questo non può lasciare che una porzione di territorio decida da sé.

I lavoratori che prendono coscienza della loro condizione di sfruttati e iniziano a lottare contro le lobbies delle cooperative vengono puniti esemplarmente per smorzare ogni velleità di ribellione.

Chi trova la forza per resistere agli sfratti, creando reti di solidarietà e organizzandosi per tenersi la propria casa, viene represso per impedire la diffusione di una pratica che metterebbe in discussione il mercato del mattone e la legittimità del potere costituito.

Chi porta solidarietà agli internati nei CIE viene arrestato e bollato come isolato provocatore, perché per lo Stato la solidarietà con i detenuti dei CIE e delle galere, negli anni in cui le porte delle gabbie si aprono sempre più spesso per gli esclusi di questa società, deve rimanere una pratica marginale e controllabile.

Ci rinchiudono per aver resistito. Siamo fieri di averlo fatto. Se resistere è un reato, siamo tutti recidivi.
Facciamo un appello a tutti coloro che in questo momento sono sotto attacco a non arrendersi, ad alzare la testa, perché anche se per ora ci hanno tolto i nostri compagni, la battaglia non è finita: per loro e per chi lotta senza paura, diffondiamo la solidarietà.

Inquisiti,solidali e complici del Saronnese
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