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venerdì 15 giugno 2018

Di storia, d'università e a "Milano non si usa."

Correva la fine del millennio scorso e nel bel palazzo di via Conservatorio in quel di Milano, l'atmosfera era tesa e palpitante a dir poco, per gli studenti del primo anno, le "matricole di scienze", della Facolta di Scienze Politiche, si stava svolgendo la seconda e temutissima prova di uno degli esami barriera o nel gergo degli studenti anche definito mostro, l'esame di Storia contemporanea, della cattedra dello stimatissimo e insigne, ora in cielo e a lui son già dedicati importanti premi, Professor Alceo Riosa.

La prima prova consisteva in un test a risposta multipla su trenta domande, da rispondersi in trenta minuti; la prova d'esame erano i testi del "Salvadori", i tre volumi, circa 1500 pagine, oltre alle nozioni ricevute dal professore durante il corso;


 un corso che rivestiva un che di solenne; si entrava in aula con ampio anticipo, per trovare un posto a sedere e appena il professore entrava in aula, il silenzio più che assoluto; al momento, come una contemporanea vestizione di rito, il professor Riosa, spesso preceduto dai suoi assistenti, indossava i due microfoni, uno per l'aula e l'altro per chissà quale registrazione importante e solenne, ci chiedevamo tutti; quando iniziava la lezione si "entrava" letteralmente nella Storia, alcune sue frasi sono entrate nella testa di noi studenti più che il marmo, come la descrizione precisa delle personalità di Pietro Nenni e di Palmiro Togliatti e altri aneddoti storici che ti facevano sentire a Yalta o a Salerno mentre si consumava la celebre svolta.
La prima prova era passata, l'università massa aveva dato prova di efficienza, oltre 200 studenti del corso di storia avevano risposto e consegnato l'esame; poi, circa una settimana di attesa e ansia, per conoscere i risultati, e sapere che da li a poco, sarebbe iniziata l'immersione/apnea per la prova orale.
Ammesso, ammesso, non ammesso, non ammesso, non ammesso, non ammesso, non ammesso. non ammesso, non ammesso, ammesso, ammesso.
Incredibilmente 5 su 5 del piccolo gruppetto di studio siamo stati tutti ammessi! Euforia e tensione, il primo scoglio era superato ma ora toccava l'altro ostacolo.
Arriviamo a quel pomeriggio, aula di via Conservatorio, lato via Mascagni, l'Esame di Storia Contemporanea e mai le maiuscole furono più che giustificate, un ragazzo siede interrogato da una assistente del prof. interrogazione impeccabile, ovviamente del nostro gruppo di 5 ridotto a 3, gli altri avevano già fatto la prova, uno aveva l'incarico di segnare tutte le domande, e se riusciva anche le risposte e le espressioni dei prof,  per comprenderne il gradimento.
Momento di silenzio. "ehi, questo è da studiare, è un astro dei DS, fa già il consigliere di zona a Milano", cosa vuol dire consigliere di zona? a che età ha iniziato in culla? la considerazione di qualcuno.
Esame impeccabile, il professore arriva alla conclusione e dice, "29, il candidato accetta?"; La risposta del ragazzo suona come una sberla per tutti noi, "no, mi faccia un altra domanda"; ma come, stai passando l'esame di storia, con 29, e chiedi un altra domanda per alzare il voto? ma da che pianeta arrivi?.
Impassibile il candidato risponde alla domanda, e, questa breve storia, per dire che mi sono immaginato il tono di Pierfrancesco, ora assessore al secondo mandato nella giunta di Sala ora e prima con Pisapia, che rispondeva con la frase riportata da tutti i media "A Milano non si usa", tono monocorda, pacato e fermo, deciso e irremovibile; "A Milano non si usa"; "no, mi faccia un altra domanda".
Come dire, già a vent'anni il futuro assessore dimostrava determinazione e fermezza, poi, politicamente parlando, penso che in tutti gli anni dell'università non siamo stati d'accordo su nulla, anzi, mi sa che qualche volta abbiamo pure contestato se non lui, certo il suo partito; altre volte, si è presa posizione unanime contro la lega e lo strapotere formigoniano, ma lui era già lanciato nella politica delle Istituzioni, qualcosa che per me arrivò solo verso il quarto anno dell'università con l'incontro dei Verdi, dopo un percorso avviato nei movimenti ecologisti e pacifisti dell'Est Ticino, in provincia di Milano.
Due parole sul mio esame le voglio dire, perchè per chi non arriva da un liceo, l'università è enigmatica 2 volte in più; ricordo ancora le domande dell'assistente del professore: "come si caratterizza l'ascesa del fascismo? modifiche istituzionali." Da ragioniere, a domanda risposta, uno più uno, rispondo due, in maniera telegrafica, elenco e snocciolo date e concetti; l'assistente mi guarda sbalordita e mi invita a proseguire la conversazione, al che, le dico "scusi, ma le ho già detto tutto"; "si, certo, ma mi faccia un discorso", "guardi, sinceramente penso di averle detto tutto, non vorrei andare fuori tema"; "si in effetti ha detto tutto, ma considerazioni sue? scusi che scuola ha fatto? Sa, è l'unico che non ha fatto errori nello scritto, e se non sbaglio è quello che ha consegnato dopo circa 15 minuti"; "si, sono io, mica potevo stare a ripensare alle domande, una tensione stare in quell'aula, manco la finale di coppa".
"che scuola ha fatto?" "ragioneria"
"come mai ha scelto scienze politiche e non economia"
"Scienze politiche per studiare e recuperare tutto quello che non mi hanno detto alle superiori".

Tornando all'argomento, mi ha fatto veramente piacere leggere di un compagno di studi, rispondere in termini cosi risolutori: A Milano non si usa.
Via Conservatorio, non scherza.
Un bel ricordo. Le notti insonni a studiare, svegliarsi prima della sveglia, le 4 colazioni e zero pasti, perchè se no poi ti abbiocchi sui libri.
Una parentesi di normalità in un contesto surreale come la politica contemporanea. E bravo ancora.
A Milano non si usa.

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